28 Feb Emergenza COVID-19 e smart working: cosa fare
Credo sia utile fare un po’ di chiarezza sulla praticabilità dello smart working in relazione all’attuale emergenza COVID-19 che stiamo vivendo.
Al fine di evitare il diffondersi su tutto il territorio italiano e all’estero dell’epidemia il Governo ha adottato alcune misure urgenti per le aree territoriali dei Comuni e delle Regioni del Nord Italia direttamente interessati dal contagio del virus: Bertonico, Casalpusterlengo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini per la Lombardia; Vò per il Veneto, integrate dalle misure straordinarie previste per le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Liguria, Piemonte e Veneto (D.L. n. 6/2020 e il D.P.C.M. 23 febbraio 2020 e D.P.C.M. 25 febbraio 2020).
Tra le misure preventive adottate dal Governo rientrano oltre alla chiusura degli uffici pubblici e delle attività commerciali – ad eccezione dell’erogazione dei servizi essenziali – il divieto di allontanamento e di accesso nei Comuni interessati e alcune misure preventive connesse alla sospensione delle attività lavorative sia per le imprese delle aree interessate sia per i lavoratori residenti o domiciliati nelle predette aree ove le attività si svolgano fuori da tali aree. Risultando sospeso anche il trasporto pubblico sono di fatto limitate (e in alcuni casi vietate) anche le trasferte e laddove possibile con riguardo alla tipologia di attività lavorativa svolta, si raccomanda il ricorso al lavoro domiciliare o a distanza nella forma del telelavoro oppure del lavoro agile.
Con riguardo specifico al lavoro agile il Decreto ne consente il ricorso nell’ambito delle Regioni indicate, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia (artt. 18-23 L. n. 81/2017) e anche in assenza degli accordi individuali. A tal fine la legge autorizza espressamente l’assolvimento degli obblighi in materia di informativa su salute e sicurezza sul lavoro (art. 23 L. n. 81/2017) anche in via telematica. L’INAIL ha messo a disposizione sul proprio sito un modello di informativa https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-coronavirus-informativa.html.
Ora, l’art. 3 del DPCM 23 febbraio 2020 (poi abrogato dall’art. 2 del D.P.C.M. 25 febbraio 2020) autorizzava nell’ambito delle aree considerate a rischio l’applicazione del lavoro agile “in via automatica” anche in assenza di accordo individuale.
Il nuovo D.P.C.M. 25 febbraio 2020, all’art. 2 prevede l’applicazione del lavoro agile per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Liguria e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori “in via provvisoria fino al 15 marzo 2020” anche in assenza di accordo individuale (sempre nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni di legge in materia).
A parte l’aspetto connesso con l’informativa non ravviso nessun altro obbligo specifico, soprattutto tenendo conto delle finalità del provvedimento e dell’obiettivo di non far perdere operatività alle imprese, se la modalità del lavoro da remoto possa concretamente essere adottata. Purché in pratica vi siano gli strumenti di lavoro e siano rispettati i principi fondamentali della legge in termini ad esempio di rispetto delle reciproche obbligazioni contrattuali, del divieto del controllo a distanza e dei limiti dell’orario di lavoro, con diritto pertanto alle pause e a periodi di disconnessione.
Ritengo superabile in questa fase l’obbligo di comunicazione preventiva – anche se il Ministero ha previsto a tali fini in forza delle disposizioni dell’abrogato art. 3 del D.P.C.M. 23 febbraio 2020 di caricare a sistema un’autocertificazione – considerando che l’obbligo di comunicazione è direttamente connesso con l’accordo individuale – che deve peraltro essere caricato ordinariamente sulla piattaforma – e l’emergenza autorizza proprio in via provvisoria fino al 15 marzo il superamento dell’obbligo formale dell’accordo individuale.
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